10
DOLCENERA - LE STELLE NON TREMANO (SUPERNOVAE) 

La copertina del disco (Universal)


Un Festival di Sanremo agrodolce per la cantautrice pugliese: tanti apprezzamenti dalla critica ma un 15esimo posto che non rende giustizia a un pezzo da lei stessa definita tra i migliori della sua carriera. Il disco per certi versi lo conosciamo già, è la riedizione dello scorso anno, a cui sono state aggiunte altre tracce interessanti e il pezzo di Sanremo, con Niente al mondo e Accendi lo spirito a fare da padrone, menzione anche per Fantastica e Un peccato, ma in generale è tutto l'album che sembra girare a dovere. L'esperimento di unire la matrice cantautorale a dei suoi elettronici e dance sembra poter funzionare.

9
STADIO - MISS NOSTALGIA

La copertina del disco (Universal)


Nessuno 12 mesi fa avrebbe pensato che gli Stadio avrebbero mai potuto vincere un Festival di Sanremo, e invece così è stato. Un giorno mi dirai è una delle poche canzoni con una sua identità ad aver vinto la kermesse negli ultimi anni, e accompagna un disco che pur non essendo ai livelli dei fasti del passato si posiziona comodamente in top 10. Degne di nota il duetto con Vasco in Tutti contro tutti e l'ottima title-track, 12 tracce piacevoli da ascoltare e lontane dalle banalità della musica leggera, pur mantenendo la semplicità dello stile Stadio, e nel 2016 basta e avanza per far bella figura.

8
ERMAL META - UMANO

La copertina del disco (Mescal)


Molti lo conoscevano soltanto di nome, come autore di tanti (forse troppi) brani per gente dei talent e consimili, al punto da dimenticare che questo ragazzo ha una storia musicale di tutto rispetto. In Umano c'è molto dei La fame di Camilla, pur con dei suoni più ruvidi, ma c'è anche tanta scrittura, frasi ricercate e mai banali, racconti d'amore e di vita visti da un ragazzo ormai diventato adulto, ma che del ragazzo non ha perso la voglia di fare e di vivere. Potrebbe essere il momento di limitare le collaborazioni, di scrivere davvero soltanto per chi merita e di iniziare a fare il cantautore a tempo pieno. Le premesse ci sono, e se Lettera a mio padre l'avesse scritta qualcuno di più blasonato se ne parlerebbe come un capolavoro, cosa che effettivamente è.

7
NOEMI - CUORE D'ARTISTA

La copertina del disco (Sony)


E' il disco della maturità per l'interprete romana, quello dove la cantante da talent diventa una vera interprete e presenta una tracklist piena di autori importanti e pezzi di spessore. A cominciare dalla sanremese La borsa di una donna (firmata Marco Masini, che per la prima volta in carriera decide di scrivere per altri) a Devi soltanto esistere e Veronica guarda il mare, a firma Stadio, con Gaetano Curreri che cura anche la produzione. Fino ad arrivare a Giuliano Sangiorgi (Fammi respirare dai tuoi occhi) e consacrarsi definitivamente con un pezzo di Ivano Fossati: Idealista. Sarà importante continuare su questa strada e non cedere alle tentazioni di tornare a quel mondo che sta lentamente abbandonando.

6
MARLENE KUNTZ - LUNGA ATTESA

La copertina del disco (Sony)

 
E' il ritorno dei Marlene Kuntz ad un suono più duro, un disco alt-rock che riporta un po' alle origini del gruppo e che rinvigorisce un meccanismo che negli ultimi tempi era sembrato un po' troppo macchinoso. La voce di Cristiano Godano sembra resuscitata, le chitarre vanno che è una bellezza e i testi sono come sempre all'altezza. Da segnalare in particolare La Noia e Leda. Giusto per ricordare che in Italia il rock (quello vero, non il surrogato radiofonico che viene propinato ogni giorno in ogni dove) esiste e funziona che è una meraviglia.

5
FIORELLA MANNOIA - COMBATTENTE

La copertina del disco (Oya/Sony)

Fa quasi strano passare dall'alternative rock al pop d'autore in pochi attimi, ma è necessario citare una delle poche interpreti in Italia ad aver mantenuto sempre e comunque una propria identità. Fiorella si è circondata di grandissimi autori in passato, e in questo disco si butta alla ricerca di nuove penne che possano continuare a disegnare brani perfetti per la sua voce. L'impresa anche qui sembra riuscire: Federica Abbate si scopre autrice raffinata e lontana dalle orribili commercialate fatte in passato (sue Combattente e Nessuna conseguenza), Fabrizio Moro con I pensieri di Zo e I miei passi non sbaglia un colpo, mentre Giuliano Sangiorgi firma L'ultimo Babbo Natale. Il disco chiude con un pezzo di Ivano Fossati, sempre presente nella discografia dell'interprete romana: La terra da lontano chiude un ottimo disco, il cui voto è abbassato solo dalla nefasta scelta di proporre arrangiamenti troppo elettronici e spesso inconcludenti, lontani da ciò che è stata ed è Fiorella Mannoia.

4
TIZIANO FERRO - IL MESTIERE DELLA VITA

La copertina del disco (Universal)

A ridosso del podio c'è Tiziano Ferro, da sempre in bilico tra l'essere un vero cantautore e l'essere artista per ragazzine. In questo disco sembra esserci un leggero spostamento verso la prima ipotesi, con alcuni brani di una certa maturità che confermano sempre di più l'identità di Tiziano. E' un album che unisce vecchio e nuovo, e che si propone evidentemente come un lavoro di transizione verso un qualcosa di nuovo (Ferro ha lui stesso dichiarato che ha già scritto i brani per il prossimo disco ancora), ma intanto lascia alcuni pezzi niente male come Il conforto (splendido duetto con Carmen Consoli), Valore assoluto e "Solo" è solo una parola. L'ennesima conferma di un cantautore ormai affermato, che dimostra di saper scrivere in maniera profonda e originale.

3
DANIELE SILVESTRI - ACROBATI

La copertina del disco (Columbia)


Daniele Silvestri è da sempre una garanzia, e la qualità della sua discografia lo dimostra. Negli ultimi tempi però è sembrata mancare quella scintilla, quel qualcosa in più che potesse elevarlo rispetto alla sua media (già alta di suo). Quella scintilla si è iniziata a vedere con il celeberrimo FabiSilvestriGazzè, un lavoro che - a posteriori - si può dire abbia giovato artisticamente e umanamente a tutti e tre. Non è un caso che lo stesso Silvestri abbia definito Acrobati il migliore della sua carriera, e non è facile dargli torto: si passa dalle atmosfere rock di La mia casa a quelle vicine al collega Fabi della title-track. La guerra del sale vede la partecipazione, a suon di giochi di parole, di Caparezza; Quali alibi è il singolo perfetto per rappresentare questo lavoro, ma ogni traccia ha una sua particolarità e un suo perché, dalle sonorità vicine al Jazz di Monolocale a quelle hip-hop di Bio Boogie (con i Funky Pushertz), fino al gusto retrò di A dispetto dei pronostici. Un disco di ben 18 canzoni una diversa dall'altra, ma che si fondono perfettamente nel meccanismo oliato a puntino da Silvestri. Chapeau.

2
ENRICO RUGGERI - UN VIAGGIO INCREDIBILE

La copertina del disco (Anyway)

Parlando di gente che non sbaglia un colpo, non si può non nominare Enrico Ruggeri: 35 anni di carriera e quasi 60 di anagrafe non sono per niente pochi, molti artisti a questo punto iniziano con le raccolte celebrative con i soliti 6-7 successi "ricantati" (ovviamente in autotune perché la voce non regge più) e "risuonati" con arrangiamenti che sembrerebbero vecchi anche a chi ascolta Claudio Villa. Lui invece spara un disco di 9 inediti accoppiato a una raccolta di vecchi brani riarrangiati con sonorità nuove e ricantate con voce più matura ma ancora perfetta, segno che le raccolte - se fatte bene e al momento giusto, e il Rouge non ne ha fatte tante in carriera - ogni tanto si possono anche fare. Parlando del disco di inediti ci sono tutte le caratteristiche classiche del mondo ruggeriano: il rock d'autore (Il primo amore non si scorda mai e Non c'è pace), le ballad (Il volo su Vienna, ispirata all'impresa di D'Annunzio, Il cielo è di ghiaccio, con una certa matrice blues), c'è il classico pezzo cantautorale à la Ruggeri (La badante), un inno dedicato al rugby (La linea di meta, in duetto con Francesco Pannofino) per chiudere con la title-track Un viaggio incredibile. Da segnalare anche 4 cover di David Bowie, cantate con la solita classe che da sempre lo contraddistingue. Anche stavolta il cantautore milanese non ha deluso.

 1 
NICCOLO' FABI - UNA SOMMA DI PICCOLE COSE 

La copertina del disco (Universal)

Quando sta per uscire un disco di Niccolò Fabi tutti sanno che non sbaglierà un pezzo, che ci saranno delle atmosfere cantautorali che solo lui sa creare e dei testi significativi come pochi altri sanno scrivere in Italia oggi. Ecco, lui è riuscito a fare ancora meglio, perché Una somma di piccole cose non è un bel disco, è un capolavoro, è la dimostrazione che in Italia si possono ancora scrivere canzoni vere, è la dimostrazione che i bravi cantautori esistono ancora e che quando viene data loro la possibilità di esprimersi senza sovrastrutture e costrizioni commerciali possono ancora tirar fuori perle come questa. La title-track è il perfetto riassunto del FabiPensiero e della sua visione del mondo di oggi (abbiamo due soluzioni: o un bell'asteroide e si riparte da zero, o una somma di piccole cose), Ho perso la città è la più significativa e rappresentativa del disco, mentre in Facciamo finta l'atmosfera diventa quasi eterea, fuori dal mondo. Si parla anche d'amore: Una mano sugli occhi racconta una storia messa in discussione, sul punto di finire, che viene presa per i capelli e con forza fatta rinascere. Un disco del genere non può non essere il migliore dell'anno, per distacco.