L'uomo nella sua esistenza ha sempre cercato fin dalle origini qualcosa che rappresentasse un antidoto alla noia o nebbia di tedio leopardiana. Lo ha trovato nelle sfide estreme, quelle in cui si alza notevolmente la soglia di rischio ed il confine tra vita e morte diventa molto labile. Alcuni esempi sono: il lancio con il paracadute, la scalata di una montagna, la navigazione solitaria, le corse motoristiche su 2 o 4 ruote. Per quanto riguarda il motociclismo la sfida più antica ed estrema è il Tourist Trophy, che dal 1907 si corre sulle strade dell'Isola di Man, in Gran Bretagna. Il circuito in cui si gareggia misura 60,7 km ed è caratterizzato da ben 256 curve. Nell'Albo d'Oro della manifestazione figurano molti grossi calibri del motociclismo: Mike Hailwood, Giacomo Agostini, Joey e Michael Dunlop, John McGuinness. Tanti piloti purtroppo sono deceduti, altri invece hanno considerato un successo il solo aver partecipato a questa rassegna e ricordano quei momenti con nostalgia.
Il libro "Tourist Trophy Vive chi rischia", scritto da Mario Donnini, tramite varie storie e aneddoti racconta che cosa rappresenta questa corsa nell'immaginario collettivo di: tifosi, appassionati, motociclisti e addetti ai lavori. Ha senso una sfida estrema come lo stesso Tourist Trophy, in un'epoca in cui sembrano andare per la maggiore MotoGp e Superbike? A giudicare dall'entusiasmo e dalla passione del pubblico che accorre numeroso sul tracciato sicuramente sì. Un ulteriore conferma è data dalla volontà dei piloti di mettersi in gioco per affrontare una sfida, che li riporta ai primordi del motociclismo, quando si gareggiava su tracciati stradali, sfrecciando a ridosso dei pali della luce, dei muri di case e altri edifici. Chi vince acquisterà l'immortalità sportiva. Coloro che vi hanno partecipato almeno una volta, porteranno a casa un'esperienza indimenticabile, con la speranza di poterla ripetere. Chi ha perso la vita gareggiando, vivrà per sempre nei ricordi degli appassionati e dei propri cari, con la consapevolezza di essere deceduto facendo ciò che amava davvero. Il rischio non si può eliminare, lo si può solo ridurre, attenuare. Chi partecipa al Tourist Trophy, lo rispetta, sa a cosa va incontro. Il modo di vivere questa corsa da parte del pubblico che tratta con uguale dignità tutti i piloti in gara è la sintesi perfetta di cosa significhi la cultura sportiva. Siamo ben lontani dalla degenerazione in negativo del tifo per i propri beniamini, verificatasi nel finale di stagione 2015 nella MotoGp.
Insomma come si descrive la passione per il Tourist Trophy? Citando Enzo Ferrari: "Non si può descrivere la passione. La si può solo vivere".