Il grande e compianto Lucio Battisti scrisse: "Tu chiamale se vuoi emozioni". A regalarne di indimenticabili, irrepetibili agli sportivi, ci pensò la nazionale azzurra di volley maschile, quando nel 1990 salì per la prima volta sul tetto del Mondo. Sembra ieri ma sono trascorsi ormai 25 anni da quel 28 ottobre, che cambiò per sempre la storia della nostra pallavolo. Da quel momento iniziò il boom che portò questo sport a conquistare uno spazio sempre maggiore, anche se attualmente ancora non sufficiente nei mass media.

Se ciò è avvenuto lo dobbiamo a coach Julio Velasco e alla cosiddetta "Generazione dei fenomeni" (citazione presa a prestito probabilmente pensando ad una canzone degli Stadio, dal telecronista Rai Jacopo Volpi): Andrea Anastasi, Lorenzo Bernardi, Marco Bracci, Luca Cantagalli, Ferdinando De Giorgi, Andrea Gardini, Andrea Giani, Andrea Lucchetta, Marco Martinelli, Roberto Masciarelli, Paolo Tofoli, Andrea Zorzi. Questa nazionale seppe far meglio del "Gabbiano d'Argento". Il cosiddetto Gabbiano d'Argento seppe conquistare un insperato argento ai Mondiali casalinghi nel 1978. Sei anni dopo arrivò il bronzo alle Olimpiadi di Los Angeles, nel 1984. Quella fu però un'edizione dei giochi monca poichè, a causa del boicottaggio, non parteciparono le formazioni dell'Est. L'anno prima dei Mondiali, nel 1989, fu rotto il ghiaccio dal punto di vista dei successi, con la conquista a sorpresa del primo alloro continentale. Per guardare a testa alta le superpotenze del volley mondiale però serviva fare qualcosa di ancor più straordinario. Bisognava vincere i Mondiali. L'Italia fu sorteggiata nel gruppo D. Esordì con un successo agevole per 3-0 sul Camerun, i cui giocatori nulla avevano a che fare con i "Leoni Indomabili" calcistici: N'Kono, Roger Milla et similia. Gli azzurri dovettero lasciare per strada un set alla Bulgaria, imponendosi 3-1. L'ultimo impegno del girone, riservò all'Italia la temutissima Cuba, che si impose per 3-0. Ecco come ritornare immediatamente sulla terra, era meglio non farsi illusioni. Arrivò la qualificazione agli ottavi di finale, in seguito al secondo posto nel girone D.

Per realizzare una grande impresa, bisogna non porre mai limiti alla provvidenza, gettare il cuore oltre l'ostacolo. Agli ottavi di finale l'Italia asfaltò la Cecoslovacchia per 3-0. Con un punteggio analogo venne regolata ai quarti di finale pure l'Argentina. Arrivò un'insperata semifinale, ma inevitabilmente sarebbe arrivato lo scontro con una delle superpotenze. La sorte riservò all'Italia la squadra di casa, il Brasile. I sudamericani dalla loro potevano contare pure sull'incessante sostegno della Torcida, che avrebbe riempito il Maracanazinho di Rio de Janeiro. A zittire lo stadio di calcio ci pensarono: Alcides Ghiggia, Frank Sinatra e Papa Giovanni Paolo II. Fecero la stessa cosa nell'attiguo palasport Julio Velasco e i suoi ragazzi. Che beffa per il Brasile aver perso il tie-break, per giunta con una squadra non data certo tra le favorite al titolo, cosa ancor più grave guidata da un coach argentino. A quel punto l'ultimo ostacolo che separava l'Italia dal titolo mondiale sarebbe stata Cuba, capace di batterla nella fase a gironi. Serviva un altro miracolo, dimenticando il Brasile. Era una conditio sine qua non per poter scrivere la storia. Julio Velasco da grande motivatore oltre che esperto di volley, seppe ispirare i suoi giocatori a realizzare l'impresa. Dopo 9 match ball Lorenzo Bernardi mise a terra la palla che consentì all'Italia di battere Cuba per 3-1, aggiudicandosi il suo primo storico titolo iridato. Gli azzurri salirono così sul tetto del Mondo. L'urlo liberatorio del telecronista Rai Jacopo Volpi: "Bernardi! Bernardi! Campioni del Mondo!" fu lo stesso di tanti telespettatori italiani.

La Generazione dei Fenomeni avrebbe vinto ancora tanto, gli mancò solo l'oro alle Olimpiadi. Era ancora la pallavolo del cambio palla, quella così apprezzata dai romantici di questo sport. Sarebbero poi arrivati: il rally point system, il libero, il video-check ma questa è un'altra storia. Nessuno scorderà mai una delle più incantevoli fiabe mai scritte dal nostro volley. Si potrà raccontare come una favola ai figli e ai nipoti oppure magari a chi ha perso e non riesce a dormire.