Il 7 agosto 1932 nel villaggio di Jato in Etiopia nacque un bambino che aveva ricevuto dal fato una precisa missione: diventare una leggenda della maratona e al tempo stesso il simbolo del riscatto dell'Africa dal passato coloniale. Per realizzarla Abebe Bikila aveva fatto propria manco fosse un mantra, una frase poi in seguito usata in un noto spot di una bevanda isotonica: "Non importa che tu sia leone o gazzella. Corri".

Per vincere e scrivere nuove pagine di storia, destinate a diventare leggenda bisognava farlo più veloce di tutti. Abebe Bikila capì che doveva rompere gli schemi convenzionali, perciò concordò con il suo coach Onni Niskanen di gareggiare nella maratona alle Olimpiadi di Roma 1960. In molti presero a cuore questo atleta venuto dall'Etiopia per una scelta considerata strana. Nessuno dava credito alle sue possibilità di vittoria. Bikila nella splendida cornice della Città Eterna in notturna conquistò la medaglia d'oro e realizzò il record mondiale. Fu la prima volta che l'Africa conquistò questo risultato nei giochi a cinque cerchi. Bikila volle tentare il bis quattro anni più tardi a Tokyo. Sembrava che il fato maligno dovesse impedirglielo; infatti fu costretto a operarsi di appendicite 6 settimane prima della gara. Questo assieme al tempo perso da dedicare agli allenamenti avrebbe potuto essere un valido alibi per giustificare un'eventuale sconfitta. Ciò però non ha mai avuto a che fare con il modo di ragionare dei campioni. Questi ultimi infatti dagli inconvenienti sanno trarre maggior vigore per rialzarsi e tornare più forti di prima. Infatti così fece Abebe Bikila. Corse, questa volta con le scarpe e bissò il risultato di Roma 1960; arrivarono di nuovo la medaglia d'oro e il record mondiale.

Solo un altro maratoneta fu campione olimpico per 2 edizioni fila. Ci riuscì il tedesco orientale Waldemar Cierpinski a Montreal 1976 e Mosca 1980. Sui risultati di quest'ultimo però gravano forti sospetti di doping, una pratica di stato diffusa nell'ex Germania Est. Bikila cercò pure il tris nel 1968 a Città del Messico, ma fu costretto al ritiro dall'altitudine, dall'età e dagli acciacchi. L'anno successivo un incidente gli tolse la possibilità di camminare ma non di gareggiare, partecipando alle Paralimpiadi del 1972. Nel 1973 un'emorragia cerebrale provocò la sua morte, ma non cancellerà mai le sue gesta che appartengono all'olimpo degli immortali. Nel 2012 infatti è entrato nella Hall of Fame della Iaaf.